di Anabella Lenzu
Traduzione: Luca Villa

Cosa significa la parola mentore nella nostra cultura occidentale?
Mentore: 1. Una guida o consigliere fidato. Un mentore che, in quanto portatore di uno sguardo esterno, può farci da specchio. — P.W. Keve2. Tutor, coach; una figura che insegna, istruisce o guida un allievo nello studio di una particolare disciplina o con uno scopo specifico.
Utilizziamo la parola “mentore” per quelle figure che hanno un’influenza positiva e di guida sulla vita di un’altra persona. Non tutti gli insegnanti di danza possono o vogliono essere dei mentori, perché si tratta di una mutua decisione di totale generosità tra il mentore e lo studente. Trovare il giusto mentore è come trovare il giusto compagno di vita. E’ complicato!
Essere un mentore significa essenzialmente essere un modello a tutto tondo: professionalmente, artisticamente ed eticamente; il che implica responsabilità e profonda attenzione.
Da artista latina che vive e lavora a New York, rifletto spesso sul mio passato e il mio futuro e cosa significhi essere un mentore di questi tempi. Essere un mentore non significa solo essere fonte di ispirazione, e sicuramente nemmeno una fonte di referenze per le candidature lavorative. E’ necessario mettersi in gioco e intraprendere un dialogo profondo, che può anche essere intenso e difficile da sostenere.
Quando un palazzo viene costruito, è circondato da impalcature. I dubbi crollano e precipitano al suolo, mentre il proprio credo artistico viene supportato e rafforzato.
Qual è la differenza tra insegnare ed essere un mentore?
L’insegnamento è basato unicamente sulla conoscenza
Il ruolo dell’insegnante è condividere la propria esperienza spiegando e chiarificando i vari aspetti della materia. Nel senso più tradizionale del termine, l’insegnamento concerne le lezioni frontali e formali su una determinata disciplina, spesso includendo un piano dettagliato del corso e metodi di valutazione.
L’essere un mentore è basato sull’esperienza.
Il “mentoring”, invece, ha una natura più informale e relazionale. Un mentore prende le vesti di consigliere, condividendo la conoscenza che ha acquisito grazie alle esperienze vissute. C’è una condivisione diversa tra i due, dato che l’obiettivo principale dei mentori è istruire gli studenti affinché diventino loro pari.
Perché abbiamo bisogno di mentori nella nostra vita artistica?
Un giovane artista talvolta è perso e disorientato. Non è strano sentirsi rimbalzare tra una selvaggia insicurezza e un infernale desiderio di ribellione. La vita da artista è difficile, ma estremamente gratificante. I mentori aiutano a navigare la paura del fallimento, a eliminare le distrazioni e riscoprire le risorse, mentre spesso si ritrovano a rinforzare un sistema di supporto emozionale, economico o psicologico poco sviluppato. I mentori sono come fari: mostrano la via, aiutando l’artista a trovare la propria forza interiore e i propri antenati artistici.
Spesso da insegnante, soprattutto in quanto docente di critica della danza o storia della danza, scopro che i miei studenti non conoscono importanti ed influenti danzatori, maestri e coreografi del passato che sono stati . Non solo, non hanno nemmeno la curiosità di imparare qualcosa su di loro! Questo ha come effetto un’ignoranza arrogante, per la quale pensano di star creando qualcosa di nuovo, quando in realtà la loro ricerca è già stata fatta negli anni ‘60. Non è certo possibile conoscere perfettamente tutto quello che è accaduto, ma ripetere un’idea che è già parte del patrimonio condiviso della danza è solo uno spreco di energia. L’educazione alla danza si basa sull’onorare il passato e il celebrare la diversità, mentre si sperimenta con l’obiettivo di proseguire la ricerca e allargare i confini del nostro campo.
Penso che si debba sempre essere in comunicazione con i propri antenati artistici per poter progredire, per poter crescere come umano e come artista. Il vecchio motto non è poi così sbagliato: devi sapere da dove vieni per poter sapere dove stai andando. E il ruolo dei mentori è aiutare in questo viaggio.
Ogni tanto ci sarà bisogno di ribellarsi contro i propri avi ed essere in disaccordo con i propri mentori, e questa per alcuni è una parte importante del percorso di crescita.
I miei mentori erano artisti internazionali: visual artist, scrittori, registi di cinema e teatro e coreografi. Perché? Da artista curiosa, volevo sapere cosa stava succedendo dietro le quinte di tutti questi diversi generi. Come potevo “farcela” come artista in un mondo dove la conoscenza era così scarsa? Avevo bisogno di capire l’artista e la persona dietro a ognuno dei miei mentori, per poter scoprire chi fossi io. C’è un’importante distinzione da operare tra mentori e artisti che mi hanno ispirata, ma che non ho mai incontrato. Prendere parte ai processi di diverse forme d’arte e disciplina mi ha dato una migliore prospettiva per capire le possibilità e i limiti nel fare le mie scelte artistiche.
Il mio primo mentore è stato lo scultore argentino Rafael Martin (1935-2018). Ho studiato scultura con lui dal 1995 al 1999 a Bahia Blanca, in Argentina. Guy Ariel Kruh (1953-), un semiologo e regista francese, è stato il mio secondo, e con lui ho studiato Semiologia del Teatro e il sistema Delsarte.
Per quanto riguarda la coreografia, il mio primo mentore è stato il danzatore e professore americano Jim May. Sotto la sua ala, ho imparato ad essere ancora più decisa di quanto già non fossi nelle mie scelte artistiche nel campo della danza. Quando sono tornata a vivere negli Stati Uniti nel 2005, sono tornata a prendere lezione con lui (che al tempo era Direttore artistico dell’Anna Sokolow Dance Project), ma dopo due mesi ho smesso di presentarmi. Lui non riusciva a capire perché non venissi a lezione. Non era perché non mi piacessero il corso o la tecnica. Avevo avvertito che stava diventando un’influenza troppo forte sul mio vocabolario di movimenti, e che ogni volta che mi trovavo nel processo creativo, approcciavo la coreografia nel mondo in cui Anna Sokolow lo avrebbe fatto. Avevo bisogno di distanziarmi, non personalmente ma artisticamente. Avevo bisogno di spazio per esplorare chi fossi io veramente.
Nel 2007, Jim mi ha chiamato chiedendomi di coreografare per l’Anna Sokolow Theatre Ensemble. Ovviamente risposi di sì ed è stato un grandissimo onore per me. Unire la mia voce nel frattempo riscoperta alla tecnica e artisticità di Jim e Anna è stata un’esperienza da brividi. Al tempo mi trovavo già su un altro percorso, alla scoperta del mio modo di creare.
Talvolta mi sembra che gli studenti non riescano a trovare la loro voce perché sono sempre sotto l’influenza di un certo stile, insegnante o accademia. Alcuni ballerini devono mantenere le tradizioni perché la loro missione e funzione è trasmetterle alla nuova generazione, ma ci sono altri danzatori e coreografi che hanno bisogno di andare alla ricerca del proprio modo di esprimersi: io ero una di quelle. Era difficile e doloroso non presentarsi a quelle lezioni, ma ho capito che non stavo davvero esprimendo me stessa, ma ricalcando quello che i coreografi e insegnanti con cui mi avevo studiato avrebbero fatto. E’ più che accettabile citare un coreografo del passato quando si compone una pièce se si è consapevoli dell’influenza e dei rimandi che questo implica. I problemi iniziano se non lo si è.
Un dialogo con i propri antenati deve quindi sempre essere presente, ma a volte è necessario opporsi alle loro regole, pur talvolta ritrovandosi completamente d’accordo con loro, per poter trovare la propria personalità, il proprio approccio. Questo non eviterà il fatto che parte dell’artista sia obbligatoriamente influenzata dai propri antenati: molto probabilmente questa ricerca risulterà nell’approfondimento di una teoria preesistente o nella completa rottura ed opposizione col passato.
Qualunque sia il risultato, è importante instaurare un dialogo e cercare dei mentori. Questi non vanno in cerca di discepoli: sono gli artisti che devono avvicinarsi a coloro che ammirano, avvicinarsi alle loro fiamme. Permettere ai mentori di essere contagiosi e lasciarsi infettare con la conoscenza che hanno da offrire. Forse solo per un periodo di tempo, per poi proseguire nel proprio viaggio. I mentori comprendono quando è il momento di lasciar andare uno studente. Spesso dico parlando alle mie classi “Sono felicissima che veniate alle mie lezioni, ma non voglio che stiate in questa classe per sempre. Dovete andare avanti.” E’ parte della generosità e libertà che dobbiamo ai nostri studenti, così come ai nostri figli. Vogliamo che siano indipendenti, che aprano le loro ali e trovino il loro posto nel mondo.
Come mentore, parte del mio lavoro è aiutarli a pensare per sé stessi, perché “Educare è allenamento alla libertà” (Bell Hooks). Si riconoscono le similarità, incoraggiando gentilmente le differenze.
Un mentore e il suo studente si scelgono a vicenda.
A volte è successo che io abbia scelto un mentore, ma questi non fosse interessato a me. In un certo senso è la stessa dinamica di una relazione sentimentale – una persona accende la scintilla, una corteggia l’altra , c’è un mutuo accordo – e così accade la trasmissione di esperienze e conoscenze.
Una volta pensavo di aver trovato il mio vero mentore: una delle mie insegnanti di danza classica in Argentina. Io la amavo. Copiavo addirittura certi atteggiamenti o gesti che la caratterizzavano. Lei era grandiosa: madre di due figli con un’eccellente carriera internazionale come ballerina. Era elegante e professionale e io la adoravo. Questo fino a che non ho iniziato a coreografare: avevo sedici anni e arabo componendo questo pezzo che sarebbe dovuto essere performato nell’ambito di un festival. L’ho invitata ad una delle prove e non apprezzò per niente il mio lavoro. Disse addirittura: “questo non è un sistema democratico: se decidi di presentare questa coreografia al festival, non ti permetterò mai più di danzare nella mia compagnia”. Per me fu un colpo fortissimo, perché la ammiravo moltissimo, ma col tempo ho realizzato che la sua reazione si basava principalmente sulla gelosia di vedermi iniziare a spiegare le ali da sola. Quindi nonostante la apprezzassi moltissimo, decisi di non prendere mai più una sua lezione e di non ballare più nella sua compagnia. Ho smesso di ballare per lei del tutto. Avevo capito che lei non era più il mentore giusto per me, perché non aveva alcuna intenzione di incoraggiarmi a scoprire la mia voce come coreografo. Certamente le sono grata per i progressi nella tecnica che mi ha permesso di fare, ma non per gli aspetti artistici e personali. La gelosia che ha espresso e la sua tendenza alla competizione ci ha fatte allontanare.
Un buon insegnante è uno studente eccellente. Insegnare significa essere onesti e fedeli con sé stessi, riconoscere i propri lati più oscuri e i momenti più brillanti. Insegnare richiede una crescita personale costante e una passione per il progresso, il miglioramento, lo sviluppo e l’evoluzione. Un buon mentore è un supporto eterno, un punto di riferimento.
Trovare un mentore che sia giusto per sé significa trovare una specie di specchio per il sé del futuro. Il rischio è quello di proiettare sé stessi su di loro e fantasticare, idealizzando il proprio futuro, ma lavorare con il mentore giusto aiuta ad abbracciare chi si è davvero e a fare sbocciare completamente il proprio potenziale. Molte mie pupille mi hanno detto che in tutti questi anni hanno imparato contemporaneamente ad essere un’artista e una donna, vedendosi riflesse nelle mie scelte quotidiane di madre e artista.
La pandemia mi ha obbligata ad adattarmi, crescere e pensare fuori dai miei soliti schemi. Insegnare online mi spinge a creare nuovi metodi, e questa è stata una ventata di aria fresca per me dopo trent’anni di insegnamento.
Ormai insegno online da Marzo 2020 e ho potuto osservare come gli studenti siano riusciti a migliorare il proprio focus, impegno ed entusiasmo. Non tutti gli studenti, però, si sentono coinvolti mentre studiano online. L’isolamento ha fatto perdere ad alcuni di loro il contatto con il proprio corpo. Per questo mi trovo nella condizione di dover cambiare il mio metodo didattico. A seconda del contenuto, accorcio le lezioni il più possibile, oppure faccio in modo di incontrare i miei allievi un pochino più a lungo, ma solo una volta a settimana, tutto con l’obiettivo di ridurre il tempo da passare su zoom. Metodi come alterare il ritmo delle lezioni, la gestione del tempo, i contenuti e le fonti di ispirazione della classe aiuta gli studenti a sentirsi più coinvolti. Assegno loro numerosi articoli, proposte di lettura e video da visionare, studiare e analizzare quando hanno tempo durante la settimana, con l’obiettivo di guidare loro nel dialogo e nella discussione critica una volta in classe, creando così non solo una comunità artistica attiva e solidale, ma migliorando anche il loro senso critico, così importante di questi tempi. Ho scoperto che durante questa pandemia siamo tutti più pronti a condividere le nostre vulnerabilità, spazi personali e la nostra arte in modo più profondo.
Gli studenti non vogliono solo essere incoraggiati e corretti tecnicamente e artisticamente, ma hanno anche bisogno di appartenere a uno spazio virtuale e passare del tempo insieme, incontrando nuove persone, creando connessioni, scambi e collaborazioni.
Durante il mese di Giugno 2020 ho creato due programmi online di mentoring e personal coaching dopo aver ascoltato e preso in considerazione i bisogni della mia comunità artistica internazionale: Online Choreographic Mentorship Workshop e the 1-ON-1 Choreographic Mentorship.
Perché offrirmi come mentore?
Perché se ami oltre misura quello che fai, vuoi condividerlo. Inoltre, avendo io ricevuto molta cura e attenzione come studente, sento la responsabilità di trasmettere gli stessi valori alla prossima generazione di ballerini, coreografi e docenti.
Voglio costruire un miglior futuro e una migliore comunità per tutti. La danza, secondo me, è l’unione di una persona con il suo io interiore. È una comunione con sé stessi, gli altri, l’ambiente e la vita.

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